lunedì 11 settembre 2017

11 Settembre: l'indelebile data che commemora la salvezza dell'Europa, da tutti dimenticata. Ma non dagli italiani. O meglio: non da "un certo" italiano.

                                                                                                                                                               









di Sergio Di Cori Modigliani


La data "11 settembre" è iscritta nella memoria collettiva nostrana in maniera indelebile, facendo riferimento al crollo delle torri gemelle di Manhattan, l'epico evento post-moderno che lancia l'ingresso nell'attualità mediatica delle tragedie mondiali in diretta. 
Quelle da guardare alla tivvù, seduti comodamente in poltrona mentre dei poveri disgraziati innocenti muoiono colpiti da bombe, coltellate, terremoti, frane, alluvioni, attentati di varia natura.
Così va il nostro mondo, oggi.

Intorno al famigerato attentato del 2001 è stata costruita una gigantesca epopea complottista che ha lanciato nell'agone mediatico la stagione della grande disinformazia di massa.
I complottisti si dividono in due grandi categorie: la prima è composta da beceroni che producono, diffondono e condividono dei clamorosi falsi e delle dichiarate bugie, sorrette diabolicamente da chi intende promuovere la sottostante ideologia X e su questo falso viene poi costruita una teoria a posteriori che trova accoliti, seguaci, tifosi, per lo più ignari di essere dei propagandisti (a loro insaputa) di certi individui e/o gruppi politico-finanziari che non compaiono mai. La seconda categoria, invece, molto più diffusa e pericolosa, è basata su una base di verità oggettiva autentica (può essere un documento, una immagine, una frase, una dichiarazione provata e accertata, una solida fonte) sulla quale viene costruito un castello fittizio e fantasioso totalmente privo di alcun fondamento perchè privo delle connessioni giuste.

L'epica complottista del nine eleven appartiene a questa seconda categoria. 
Il grumo di verità accertata (documentata, provata, confessata, verificata) fa riferimento a una nota interna della Cia, relativa a una intercettazione telefonica tra Osama Bin Laden e il suo terrorista referente a Miami, datata 30 giugno 2001: "Non dimenticarti che deve essere assolutamente l'11 settembre; non può e soprattutto non DEVE essere nè il 10 nè il 12, deve essere solo e soltanto l'11". Gli analisti della Cia, quindi, sapevano 70 giorni prima che ci sarebbe stato un grosso attentato. Il punto è che non avevano la minima idea del come, e del  dove. Sapevano soltanto il quando. Soprattutto non riuscivano a capire perchè l'11 settembre, dato che nessuno riusciva a trovare una risposta adeguata e razionale.
 E' probabile che se avessero condiviso tale segreta informazione con i loro cugini del MI6, l'intelligence britannica, avrebbero immediatamente ottenuto una risposta esauriente. Senz'altro, a Londra, ci sarebbe stato qualche giovane analista, magari assunto da poco, appena uscito da Cambridge con una bella laurea umanistica, il quale avrebbe fatto un salto sulla sedia redigendo un accorato rapporto ai suoi superiori, spiegando loro che la data dell'11 settembre è stata per almeno 200 anni di seguito, in Europa, ricordata collettivamente da tutte le nazioni come il momento in cui è stato battuto militarmente il califfato musulmano ottomanno che voleva invadere l'intero continente; l'11 settembre del 1683, infatti, si è svolta la battaglia di Vienna, nel corso della quale il grande generale polacco Jan Sobieski, che era anche il re di Polonia, con 62.000 uomini battè sul campo l'armata turca composta da 160.000 soldati armati di tutto punto. Allora, come i codici dell'epoca ci riferiscono, il grande sultano Mehmed IV, meglio noto come il "Grande Califfo" scrisse che avrebbero bruciato e distrutto le grandi torri di Vienna e l'Europa intera sarebbe diventata musulmana, arresa e sottomessa al volere di Allah. Invece perse la battaglia e anche la guerra. Da quel giorno, i musulmani sono stati cacciati via dall'Europa per sempre, umiliati dalla grandiosa sconfitta. Questo avrebbe detto il giovane analista ai suoi superiori.
Gli inglesi amano la Storia, la sanno leggere, la sanno descrivere, la sanno ricordare e raccontare sia in maniera colta che divulgativa. Gli americani non hanno questa tradizione.
Personalmente, sono assolutamente convinto che se gli inglesi avessero letto quella nota della Cia sarebbero stati in grado di capire che cosa bolliva in pentola.
Gli americani, invece, presuntuosi e zucconi, non avendo trovato la connessione giusta, non hanno capito come si stavano mettendo le cose.
Da questo errore di valutazione, i complottisti si sono mossi sostenendo che, non soltanto la Cia sapeva tutto, ma addirittura l'attentato se lo sono costruiti loro.
Gli storici più equilibrati, invece, sostengono che questa tesi complottista sia stata "inventata" ad arte proprio dalla stessa Cia. Per l'immagine dell'intelligence statunitense era molto meglio essere visti come diabolici e perversi organizzatori, piuttosto che come ignoranti cialtroni.
Tendo a sottoscrivere questa interpretazione.
La data dell'11 settembre del 2001 aveva, inoltre, un'altra particolarità, segnalata e identificata da storici francesi, ricercatori presso la Ecole des Haute Etudes di Parigi. Tra il 2001 e il 1683 ci sono 318 anni di distanza. Casuale? Gli storici si sono messi al lavoro e hanno scoperto che il numero 318 è un numero sacro e ritualmente simbolico per i cattolici perchè indica il crocifisso. E i teologi colti musulmani lo sapevano benissimo. L'identificazione di questa data con la Croce è antichissima. Risale a un periodo tra il 70 e il 90 e appartiene a un testo scritto in greco antico. Si chiama la Lettera di Barnaba ed è anonima. L'Enciclopedia cattolica sostiene che sia stata redatta invece nell'anno 130 e sulla idenfificazione della data certa ancora discutono. Ciò che conta è che tale testo, per diversi secoli (fino al Rinascimento) è stato considerato sacro e addirittura incorporato per 600 anni nel Nuovo Testamento. In questa "Lettera Sacra" il numero 318 viene definito come la chiave segreta che apre la porta verso il mondo invisibile e rappresenta il simbolo del crocifisso. 
E' un interessantissimo trattato teologico che sintetizza il concetto di fede e conoscenza. Sosteneva Barnaba che "senza intelligenza non c'è sapienza; senza sapienza non c'è scienza; senza scienza non c'è conoscenza; senza conoscenza non c'è fede".
La Lettera di Barnaba oggi non gode di grande fortuna presso i teologi cattolici perché è considerata troppo elitista, ma anche i più critici riconoscono il testo come fondativo della civiltà cattolica. Nelle scuole coraniche del Pakistan, nel corso dedicato allo studio di altre religioni, è studiato da sempre. Anche nella scuola coranica che era stata frequentata da Bin Laden.
Secondo i francesi e gli inglesi (gli statunitensi ancora non ci credono) la data è stata selezionata da Bin Laden per manifestare la "vendetta storica" ponendo le basi per una nuova sfida 318 anni dopo. Gli americani, invece, sostengono sia stata una scelta casuale dovuta a circostanze di carattere pragmatico.
Essendo opinioni sono tutte lecite. Io sto con gli analisti anglo-francesi.
L'11 settembre, dunque, per l'Europa,  e quindi per gli europei, va riferito al 1683, a mio avviso.
Non vorremmo mica deludere Osama Bin Laden!

La battaglia di Vienna fu un evento epico, impresso per diversi decenni negli europei. Il generale Kara Mustafa, totalmente convinto di vincere, si portò con sè diversi scrittori. Il cronista turco Mehmed der Silihdar così raccontò l'alba dell'11 settembre: 
"Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Arrivavano con un'ala di fronte ai valacchi e moldavi addossati ad una riva del Danubio e con l'altra ala fino all'estremità delle divisioni tartare, coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi. Non era possibile fermarli".
Non gli andò bene a Mustafa.
Ritornato in Turchia dopo la batosta, venne arrestato dal Sultano Mehmed IV e incarcerato a Belgrado (ancora nelle mani turche); rinchiuso in un sotterraneo a pane e acqua con la consegna di ucciderlo "lentamente" nel caso i soldati della Santa Alleanza europea avessero deciso di attaccare Belgrado. Il 25 dicembre del 1683 venne strangolato con la garrota.

Un giornalista free lance greco (figlio di madre polacca) sconosciuto ai media mainstream, Miltiades Varvounis, nel 2012 ha deciso di raccontare la storia del re di Polonia Jan Sobieski, il generale che guidò la cavalleria nell'attacco vincente contro l'armata turca. Snobbato dagli storici accademici, (dopo aver ingoiato rospi di invidia malcelata) si sono dovuti ricredere in seguito ad un impressionante successo editoriale in tutta l'Europa settentrionale e orientale. 
Il suo libro "The king who saved Europe" è diventato celebre e famoso. Non nei paesi latini mediterranei dove è stato scelto di non diffonderlo e non parlarne. Lo trovate (se vi interessa) in lingua inglese su Amazon e potete leggere una intervista all'autore su un sito irlandese della Chiesa di Roma che si occupa della cultura cattolica (http://www.ncregister.com/blog/cgress/the-warrior-king-who-saved-europe-from-islam). 
Il libro è divertentissimo e ritengo che si tratti di una penosa forma di censura difensiva della nostra cultura non averne parlato.

Non si può non parlare del delizioso film che un bravo cineasta italiano ha realizzato nel 2013 (il titolo del film è "11 settembre 1683"). L'autore è Renzo Martinelli, nome che non dice nulla al grande pubblico, ma molto apprezzato sia dalla critica che da indomabili guerrieri cinefili, che aveva già firmato nel 2001 il film "Vajont" nel quale narrava la tragedia della diga crollata.
Il film è interpretato da Murray Abraham, Enrico Lo Verso e Alicija Bachleda.
In Italia nessuno ne ha parlato, così come è passato sotto silenzio il libro di Varvounis.

Così va l'Italia, oggi.







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